Stazione Livorno una Guida per la Città

Stazione Livorno una Guida per la Città
(a cura di  K.Anguelova, S.Boccalini e A.Poggianti)
(eprogetto editoriale , ed.Gli Ori)

E Polo disse: « L’inferno dei viventi […] è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare di saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.
                                                                                                                  
  Italo Calvino, Le città invisibili (1972)

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Quando Alessandra e Katia mi hanno proposto di lavorare con loro alla formulazione di un  progetto per la città di Livorno, subito la mia attenzione si è focalizzata sulla possibilità di attivare un processo operativo che ci permettesse di leggere la città, non con i nostri occhi, ma attraverso gli occhi degli altri.
Quale miglior contenitore per questo progetto poteva essere una “guida turistica”, un luogo dove chiunque avrebbe potuto raccontare la sua città, attraverso la propria esperienza, ma anche attraverso i propri desideri, un luogo dove poter costruire uno sguardo sulla città al di fuori di schemi e logiche costituite.
Così abbiamo cominciato a contattare, attraverso varie modalità, una serie di persone che sono diventate i nostri occhi, il nostro sguardo sulla città, la nostra guida attraverso le complesse maglie che formano il vissuto della città.
E proprio il vissuto era quello che ci interessava : l’esperienza personale come parte dell’esperienza collettiva.  Questa volta però le persone non rimangono anonime e le storie non si fondono nella storia ufficiale, ma diventano esse stesse protagoniste e  si assumono la responsabilità di costruire un nuovo modo di leggere una comunità e il suo territorio.
La pluralità e l’eterogeneicità di questo gruppo di lavoro ci ha fornito gli strumenti e i mezzi per vedere una Livorno inedita che, anche nella sua parzialità, riesce a dare una visione interessante e ricca di spunti e di momenti di riflessione che possono diventare un punto di partenza per ripensare la città .
Raccontare la città è cercare di capire quali sono le sue possibilità di sviluppo, le città si stanno trasformando a ritmi talmente veloci che non riusciamo più a coglierne i cambiamenti, se non quando sono già avvenuti.
Raccontare vuol dire riflettere, fare il punto della situazione e se i racconti sono tanti vuol dire mettere tanti punti, che uniti, formano quel reticolo che serve come momento di riflessione per qualsiasi struttura sociale si voglia costruire.
La città contemporanea riassume in sé i grandi conflitti e le grandi speranze, è il luogo dove sono visibili le contraddizioni della globalizzazione, il luogo dove le grandi differenze sono costrette a confrontarsi e sperimentare soluzioni, ma è anche un luogo che può diventare un modello di sviluppo se l’uomo riuscirà a non perdere il controllo sull’economia.
Infatti le città oggi sono anche il prodotto di capitali che si muovono con grande velocità e di complesse migrazioni umane,  l’aspetto forse più visibile sono le lotte per lo spazio: la lotta per lo spazio di vita contro lo spazio dell’economia, e la lotta di appartenenza, chi appartiene a quale luogo e quali sono i suoi diritti di cittadinanza.
Dare la possibilità alle persone di raccontare la propria città è un primo passo verso la riappropriazione della condizione di cittadino, che nulla ha a che vedere con l’essere cittadino di questo o di quel paese, ma vuole dire far parte di una comunità ed essere parte attiva nei suoi processi di trasformazione, e le differenze diventano il punto di forza su cui costruire un nuovo modo di fare comunità.
L’economia globale sta trasformando il modo di vivere la città, lo spazio dell’economia si appropria degli spazi fisici e degli spazi sociali, riesce a provocare complesse migrazioni, cosi all’interno delle città si creano nuove situazioni che cambiano i rapporti tra le persone e si creano nuovi comportamenti e nuove abitudini, che trasformano profondamente le comunità.
Da anni il mio lavoro si svolge operando all’interno di comunità che, di volta in volta, diventano il territorio dove attivare processi di  conoscenza e di scambio.
La scommessa ogni volta è di riuscire a creare un senso di appartenenza che non è solamente legato alla storia del territorio, ma che a partire da quella, riesca a definire nuove appartenenze.
Ciò vuole dire che oggi le comunità non sono solo quelle che ci consegna la storia ma sono anche quelle che di volta in volta riusciamo a costruire per autorappresentarci all’interno di un sistema sociale che molto spesso non ha più la capacità, proprio nei suoi organi costituiti, di rappresentarci.
Questi nuovi scenari ci costringono a continui spostamenti tra le complesse maglie della vita sociale all’interno delle città, di conseguenza dobbiamo trovare nuove modalità per mappare gli spazi urbani, costruire nuove cartografie, considerando la possibilità che le esplorazioni non sono finite, ma ricominciano proprio dai luoghi che pensiamo di conoscere, ma che in realtà conosciamo solo nella loro apparenza e ufficialità.
L’esperienza di Livorno è stato proprio il tentativo di scardinare l’apparenza e l’ufficialità cercando tra le maglie nascoste i segnali positivi su cui costruire nuove appartenenze e nuovi modi di vivere la città.

(Stefano Boccalini)