Economia Politica/Geografie Umane

personale a cura di A. von Fürstenberg, Studio Dabbeni, Lugano
Intervista di Adelina von Fürstenberg a Stefano Boccalini

Adelina von Fürstenberg: La tua mostra personale allo Studio Dabbeni di Lugano, che io ho curato, terminata alla fine di ottobre dello scorso anno, si intitolava “Economia politica/Geografie umane”. Guardando il lavoro esposto e pensando a questo titolo, mi viene in mente la dis-simmetria che oggi molto spesso esiste tra economia e politica, e la conseguente ricaduta sulla vita sociale.  Nasce da qui il tuo lavoro?

Stefano Boccalini: In effetti, in questo progetto la dis-simmetria di cui tu parli diventa una modalità attraverso la quale metto in evidenza dei dati. Questi dati riguardano le guerre e la vendita delle armi, quindi dati politici, economici e, di conseguenza, sociali.
In questo lavoro era per me importante visualizzare contemporaneamente due realtà che sono una la conseguenza dell’altra ma che normalmente non vengono associate; quello che ho fatto è stato costruire una serie di mappe dove ho messo a confronto dei numeri che riguardano, da una parte, i morti delle guerre che alla fine del 2007 erano in atto nel mondo e, dall’altra, i soldi che gli stati hanno guadagnato, sempre nel 2007, con la vendita delle armi.

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Adelina: I dati che tu hai visualizzato attraverso queste mappe mi fanno pensare anche alle conseguenze della realtà che presenti: se ci sono in atto delle guerre, sicuramente si sono verificate delle migrazioni. È stata una scelta non spingerti oltre questi dati?

Stefano: Come ti dicevo in precedenza, questo lavoro nasce dalla volontà di mettere in relazione dei dati; è chiaro che da questi dati si può partire per studiare e presentare altre realtà che sono, come dici anche tu, una conseguenza, ma quello che mi interessava era far riflettere su come possa cambiare la percezione di un dato nel momento in cui viene messo in rapporto con questo o quel contesto: si tratta di una decisione che spinge chi guarda a considerare un aspetto della realtà che scegliamo di mettere in evidenza.
Hai parlato di migrazioni e questa è un’altra realtà che mi interessa studiare più a fondo, a cui forse in futuro dedicherò un lavoro specifico. Credo che le migrazioni, insieme all’economia, o forse sarebbe meglio parlare di economia finanziaria, siano i temi da cui partire per ripensare un possibile modello di sviluppo che in qualche modo si allontani dai modelli attuali, anche perché credo che su queste due sfide si giochi la possibilità di guardare al futuro con serenità.

Adelina: Pensi a qualcosa di specifico quando parli di allontanarsi dai modelli attuali di sviluppo?

Stefano: Credo che se riuscissimo a modificare il nostro punto di vista sulla questione delle migrazioni, ripensandole come un’opportunità e non come una minaccia per il nostro vivere e se potessimo porre a servizio  della società i profitti dell’economia finanziaria, forse avremmo fatto un passo in avanti nel cammino che porta all’annullamento dei conflitti.

Adelina: Questo tuo progetto oltre a presentare dei dati reali su questioni socialmente rilevanti ha un forte impatto visivo, direi che sono di bei lavori anche dal punto di vista estetico. Questo elemento non rischia di far perdere forza al pensiero che sta dietro al tuo lavoro?

Stefano: Credo proprio di no, anzi penso che sia un punto di forza, non ho mai ritenuto che per esprimere un pensiero attraverso il mio lavoro ci fosse bisogno di stupire lo spettatore. Preferisco farlo avvicinare all’opera “seducendolo” per poi portarlo a riflettere su questioni che sono per me importanti: mi interessa di più un approccio riflessivo al lavoro, rispetto alla spettacolarizzazione di cui la cultura contemporanea è largamente pervasa.

Adelina: In effetti, in questo tuo lavoro trovo che ci sia un equilibrio perfetto tra contenuto ed estetica: sei riuscito a restituire il senso del tuo pensiero in modo molto efficace, hai trasformato dei dati scientifici in un’opera d’arte, dando una visione inaspettata della geografia del mondo. Un’altra cosa che mi interessa capire è il tuo rapporto con la cartografia, vorrei che tu mi spiegassi cosa significa per te lavorare su un supporto che di per sé è già politico, come la mappa del mondo.

Stefano: Per me questo costituisce la possibilità di mettere in risalto delle realtà sociali che mi interessa evidenziare: la costruzione di una mappa mi dà la possibilità di rileggere un territorio attraverso delle modalità che io decido, quindi posso prendermi la libertà di associare una serie di elementi che mi permettono di presentare una realtà che altrimenti rimarrebbe nascosta.

Adelina: L’utilizzo delle mappe non è una novità nel tuo lavoro, penso ad esempio a “Stone Island”il lavoro che tu hai dedicato alle persone anziane del quartiere Isola di Milano, dove la mappa del quartiere viene invasa dai loro ritratti come una sorta di riappropriazione da parte loro dello spazio pubblico, ma penso anche alla serie di lavori che hai intitolato “Random Map”, dove l’elemento geografico perde la sua riconoscibilità per andare a comporre degli spazi che possono ospitare delle funzioni, e rispetto a questo penso al parco giochi che hai costruito per Art For The World a Yerevan in Armenia, ma anche ai tappeti che ricostruiscono l’Europa attraverso le sagome dei paesi d’origine delle comunità migranti. Qual è il legame tra questi lavori?

Stefano: Tutti questi lavori nascono dalla mia esigenza di guardare alla realtà che mi circonda come ad un possibile campo di azione. A volte questo campo si restringe a livello locale, come ad esempio nel caso del quartiere Isola, il luogo di Milano dove ho abitato per molti anni e dove ho attivato una serie di progetti per contrastare un modello di sviluppo della città che non mi appartiene; altre volte il campo di azione diventa globale e le realtà di cui mi occupo sono realtà che assumono questa dilatazione ma le cui conseguenze sono da noi vissute su scala locale: “Economia Politica/Geografie Umane” ne è proprio un esempio.

Adelina: Conosco il tuo lavoro ormai dal lontano 1995, quando abbiamo lavorato insieme per la prima volta. In questi anni ti sei occupato principalmente di progetti pubblici o meglio ti sei occupato di ragionare sullo spazio pubblico in termini sociali instaurando un forte legame con il territorio e con chi lo abita. In questa tua ultima mostra c’è un rapporto diretto tra il pensiero e l’opera e manca tutta la parte relazionale, quale sarà il tuo prossimo lavoro?

Stefano: In questo momento mi interessa lavorare sulla definizione del rapporto tra economia e politica ragionando sui diversi aspetti delle relazioni che esistono tra queste due realtà, di conseguenza credo che continuerò a percorrere la strada che si è venuta delineando con quest’ultima mostra.

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