Sehenswürdigkeiten

Sehenswürdigkeiten
mostra personale alla Galerie im Kunsthaus Essen, Essen – Germania

2144892_orig
Marco Scotini Purtroppo Sehenswürdigkeiten è stata per me un’occasione mancata, forse solo in parte mancata.
Dovendo partire per Berlino non sono potuto rimanere a dormire nel letto-oversize che avevi costruito per la Kunsthaus di Essen. Appena uscito dalla galleria però due giovani mi hanno chiesto se era vero quello che si leggeva nel quotidiano locale: loro sarebbero voluti salire e avrebbero voluto rimanere per la notte.
Credo che il ragazzo e la ragazza avessero capito perfettamente, e meglio di altri, il carattere dell’operazione. Il poco che c’era da vedere veniva infatti compensato da una certa forma di disponibilità ambientale, dalla possibilità di “trovare riparo”, da una serie di funzioni in attesa di essere esercitate. I due non appartenevano certo al pubblico dell’arte, ma venivano lì come si va in una kneipe a bere o a un concerto dei Subsonica.
6463954_orig
Stefano Boccalini In questo caso volevo far abitare la gente in tre spazi. Un ambiente-pranzo comune, da un lato; un dormitorio dall’altro: in mezzo – con il white noise – uno spazio di isolamento e concentrazione o meglio una possibilità di raccogliersi rispetto all’esterno. Il letto era molto grande e poteva accogliere anche quindici persone. Era un vero letto con un grande materasso, un lenzuolo lungo oltre dieci metri e anche un unico cuscino. Quindi non si trattava di una semplice trasposizione del privato in pubblico. L’ambiente domestico era alterato. Le funzioni tratte dalla sfera privata presupponevano però un carattere collettivo: né camere d’albergo, né tavoli da ristorante.
Si poteva entrare nei primi tre giorni dell’apertura per tutta la notte, quindi potevi dormire ma potevi anche venire a vedere la gente che dormiva, a qualsiasi ora.
8794809_orig
M. S. Un vedere che però è partecipare, condividere uno spazio, una o più funzioni: quindi un vedere fortemente relativizzato rispetto ad altri fattori. Tilda Swinton che dorme durante gli orari del museo per sette giorni dentro una teca di vetro alla Serpentine Gallery è – al contrario – ancora un oggetto dello sguardo, anche se il suo carattere è performativo. Non a caso lei è un’attrice e dunque uno dei soggetti privilegiati per quella figura che identifichiamo con il nome di spettatore. Nel lavoro di molti nuovi artisti invece proprio in questi anni si compie il passaggio dal ruolo di spettatore a quello di interlocutore. Si approda a una concezione in cui l’altro non è più qualcuno di-fronte-a qualcosa ma qualcuno rispetto a cui si cerca di sottrarre ogni tipo di distanza: una figura del contatto: un vicino, in sostanza.
4402324_orig
S. B. Per me l’altro sono tutti. Non c’è una categoria di persone a cui mi rivolgo: non ci sono categorie ma persone. La realtà per me è accettare quello che mi sta intorno e questo è un atto politico, profondamente politico. Perché l’accettazione della realtà, per me, è il punto di partenza su cui costruire un nuovo modo di intendere i rapporti sociali e su cui costruire il mio lavoro. Mi viene in mente un video del ‘95 fatto con Mario Bottinelli Montandon dove il sonoro fuori campo riportava una discussione tra persone di estrazione sociale totalmente diversa: dal pasticcere al meccanico, all’economista. E, in fondo, anche gli ambienti che costruisco non dichiarano altro che questa apertura sul mondo a 360°.
(Da: M.Scotini e S. Boccalini “ I like Stefano and Stefano likes me” in Stefano Boccalini, Catalogo Galleria Bordoni, Milano 2001
2820776_orig